lunedì 27 maggio 2013

Scienziati si nasce o si diventa?

Se in prima elementare mi aveste chiesto quale fosse la mia materia preferita, avrei risposto italiano: mi piaceva leggere, ascoltare le storie, scrivere. Non avrei risposto matematica.
Ma durante l'estate passavo pomeriggi seduta al mio tavolino sotto la grande magnolia nel giardino di mia nonna a raccogliere fiori, erba, foglie, terra. E a mescolarli, tritarli, sbriciolarli, immergerli nell'acqua, travasarli, filtrarli. A pasticciare con le mie pentoline giocattolo, ma non a cucinare, era qualcosa di diverso.
In terza elementare la maestra ci ha letto Viaggio al centro della Terra di Jules Verne e si è aperto un mondo: le rocce, i vulcani, la Terra. Un'altra maestra ci ha iniziato all'anatomia comparata, facendoci osservare ossa di pollo, di coniglio, di vitello e altre parti di questi animali (banalmente procurati dal macellaio di fiducia). Non sapete quanto mi divertivo!
In quinta elementare gita al Planetario di Milano e viaggio alla scoperta di stelle e pianeti.
Poi in prima media un professore ci ha spiegato la scienza con esempi pratici (l'acqua che bolle, acqua e sale, ghiaccio) e da lì è stato Amore con la A maiuscola (per la scienza, non per il prof.).
Amore che è continuato grazie all'insegnate del Liceo (quando invece delle versioni di Latino assegnate a casa facevo esercizi di chimica e bilanciavo le reazioni - OK, forse un po' malata di mente lo ero).
E che si è esteso alla matematica in quinta superiore, quando ho trovato qualcuno che conosceva l'analisi matematica e la sapeva spiegare bene. Al momento di iscrivermi all'università, per un paio di giorni ho pensato seriamente di iscrivermi a Matematica, ma poi la passione per la scienza pratica e applicata mi ha spinto verso il primo amore, la chimica.
Inutile dire che gli anni dell'università sono stati uno spasso, per molti motivi, ma soprattutto per le giornate passate in laboratorio.

'lab work' photo (c) 2011, Kiran Foster - license: http://creativecommons.org/licenses/by/2.0/ Lì ho scoperto la materia, le sue trasformazioni, i suoi comportamenti, i colori, gli odori, tutte cose di cui sento grande nostalgia, perché ormai (tolte le attività con i bambini), gli unici esperimenti che faccio sono in cucina: divertenti e rilassanti quanto volete, ma non la stessa cosa.
Lì nei laboratori mi sentivo a mio agio, circondata da nomi complicati, composti pericolosi e tossici, odori forti e a volte disgustosi, colori affascinanti, strumenti e attrezzi misteriosi. Ero a casa, al sicuro.


Ripensavo a queste cose l'altra sera, mentre leggevo qualche pagina di Zio Tungsteno, libro di Oliver Sacks che racconta in modo autobiografico la scoperta della chimica da parte dell'autore.
Anche Sacks ha imparato e conosciuto il fascino della chimica attraverso la manipolazione, l'osservazione, la sperimentazione. Era un bambino, d'accordo, circondato da scienziati e con libero accesso a sostanze e strumenti (spesso pericolosi). Ma era un bambino. E lì, tra odori, colori, consistenza, minerali, trasformazioni, caldo e freddo, ha scoperto la vera essenza della chimica e della materia.


'Chemistry Lab' photo (c) 1972, Ed Uthman - license: http://creativecommons.org/licenses/by-sa/2.0/
Solo con l'attività pratica si può amare la chimica.

E scienziati, forse, si nasce, ma secondo me lo si può diventare.

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